Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha sollevato un acceso dibattito nella comunità degli architetti in Calabria. La decisione, considerata da molti "aberrante", è accusata di sostenere una forma di caporalato intellettuale e professionale, accrescendo le tensioni in un settore già segnato da precarietà e sfruttamento.
Secondo quanto riportato, la sentenza avvalla pratiche che permettono a studi di architettura e imprese di sottrarre risorse intellettuali a basso costo, compromettendo la qualità del lavoro architettonico e il riconoscimento professionale degli architetti coinvolti. Gli ordini professionali si sono schierati compatti nel denunciare il potenziale danno che tali decisioni potrebbero causare, non solo agli addetti ai lavori ma anche al patrimonio architettonico locale.
Critici della sentenza insistono sul fatto che incoraggia un sistema che predilige il profitto rapido a scapito dell'eccellenza e dell'etica professionale. Si teme che ciò possa portare a una pericolosa normalizzazione dello sfruttamento nel lavoro intellettuale, in un periodo storico in cui la protezione dei diritti lavorativi è più correlata che mai alla stabilità sociale ed economica.